Storia dell’ olivo e dell’olio, origine e diffusione

Storia Olivo

Scrivere la storia dell’olivo è un compito laborioso, perché significa scrivere un po’ la storia dell’uomo.
Tra l’altro, le notizie sulla prima diffusione di questa pianta nelle terre del Mediterraneo sono incerte. In questo articolo vogliamo fare un po’ di chiarezza. Parleremo della storia dell’olivo, di come si sia diffuso sul territorio Europeo e Italiano nel corso dei secoli, e di come i vari popoli hanno sfruttato il prezioso nettare di questa pianta, l’olio.
 Mettetevi comodi perché affronteremo insieme un viaggio che parte dalla preistoria e arriva ai giorni nostri.
 Buona lettura.

Indice degli argomenti

  1. Le origini dell’ulivo
  2. L’ulivo e l’olio nell’Antico Egitto
  3. L’olio e l’ulivo nell’Antica Grecia
  4. Usi benèfici dell’olio nell’antichità
  5. La storia dell’olivo e dell’olio durante l’Impero Romano
  6. L’ulivo e l’olio nel Medioevo
  7. Il valore dell’olio dal Rinascimento al XX secolo
  8. L’olio di oliva oggi

Le origini dell’ulivo

Il leggendario albero d’olivo e l’olio ricavato dai suoi frutti hanno accompagnato la storia dell’umanità.
Questa preziosa pianta è sempre stata un simbolo di pace e prosperità, e le sue origini si sono intrecciate tra storia e mitologia, talvolta fino a confondersi.

Si pensa che l’ulivo provenga dall’ Asia minore, più precisamente dal territorio compreso tra il sud del Caucaso, gli altopiani dell’Iran e le coste mediterranee della Siria e della Palestina.
 Dico si pensa perché la sua origine è piuttosto incerta, risale a circa 8000 anni fa, (6000 a.C.)
Le prime testimonianze sono riconducibili ad alcune scoperte avvenute nei fondali della Palestina. Ovvero il ritrovamento nella zona Siro palestinese di resti fossilizzati della coltivazione di ulivi e di strumenti rudimentali per lo schiacciamento delle olive.

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L’ulivo e l’olio nell’Antico Egitto

La coltura si sarebbe poi estesa in Egitto, dove l’olio era considerato un bene di lusso, e veniva impiegato per usi legati al sacro, come l’imbalsamazione.

storia olivo dettaglio tomba di Nefertari
Dettaglio tomba di Nefertari

Ciò non esclude anche un uso alimentare, infatti alcuni papiri ritrovati menzionano l’olio come lascito testamentario, o ricompensa a operai.
Inoltre, in alcune tombe sono state rinvenute giare piene di olio e resine e rami d’ulivo.

Chissà se anche gli antichi Egizi lo chiamavano l’oro verde… Non possiamo saperlo.
Ma una cosa la sappiamo, e cioè che il prezioso valore del frutto dell’ulivo iniziava pian piano ad essere riconosciuto.

Il faraone Ramses III aveva un’intera piantagione di ulivi per goderne della frescura, per offrire i suoi frutti agli dei, e anche per produrre «il primo olio d’Egitto per far salire la fiamma nel palazzo sacro» come riportato su di un’iscrizione del tempio del dio Ra a Eliopoli, attribuibile alla XX dinastia (Ramesse III, 1197 – 1165 a. C.)


L’olio e l’ulivo nell’Antica Grecia

Altre testimonianze, riconoscono ai fenici il merito di aver contribuito a diffondere questa coltivazione su tutte le coste Mediterranee dell’Africa e del Sud Europa in particolare fecero conoscere le piante agli abitanti della Grecia.


 L’olivo arrivò dunque nelle maggiori isole greche: Cipro Rodi e Creta. Oggi si può ancora visitare uno dei più antichi frantoi di pietra lavica di epoca micenea, ritrovata nell’ isola di Santorini.

Anfora Attica, VI sec. A.C. British Museum, Londra
Particolare della raccolta delle olive



Nelle Olimpiadi di Atene gli atleti erano premiati con anfore contenenti olio di oliva, e venivano riccamente ornati con rami d’ulivo.
I greci impararono a conoscere l’ulivo e a difendere il suo grande valore.
Infatti, e qui la storia dell’olivo si fa interessante, introdussero leggi severe per chi avesse commesso il reato di sradicare una pianta.
 Un uomo veniva giudicato dall’Areopago, il tribunale sacro di Atene con pene che prevedevano la confisca dei beni, l’esilio, o perfino la pena di morte.

Decisamente gli ulivi stavano molto a cuore agli antichi greci.
 Sembra sciocco o troppo severo? Non se la vediamo dal loro punto di vista.

Nella mitologia greca, l’Ulivo è il dono di Atena agli uomini, ( la leggenda completa la trovi qui ) e proprio intorno al primo albero d’ulivo venne costruito un tempio sull’acropoli di Atene, dunque tagliare uno di questi alberi, voleva dire spregiare un dono divino.

Ecco spiegato perché tanta severità.

Se qualcuno avrà sradicato o avrà abbattuto un olivo, sia di proprietà dello Stato sia di proprietà privata, sarà giudicato dal Tribunale, e se sarà riconosciuto colpevole verrà punito con la pena di morte.”

(AristoteleCostituzione degli Ateniesi, 330-322 a.C.)

L’olivo divenne ben presto, un prodotto alla base dell’economia greca e caratterizzò il paesaggio roccioso della Grecia.

Regole precise stabilivano alcuni aspetti delle pratiche agricole, come la distanza dei filari di ulivi e dell’alimentazione.

Usi benèfici dell’olio nell’antichità

I greci usavano l’olio come alimento ma anche come medicamento per curare ferite, scottatura, e per curare i “mali del ventre”.
Per l’illuminazione e persino come ornamento dei vincitori olimpici.
Come cosmetico e lubrificanti: per rendere brillanti i capelli e la pelle del corpo morbida.

In medicina: i lattanti e i feriti vengono strofinati con olio ( Luca 10,34)

Nelle sepolture: il morto viene unto d’olio e cosparso di aromi ( Marco 16,1)

Nei sacrifici: solo l’olio della prima spremitura è considerato di qualità tale da poter alimentare il grande candelabro del tempio. (Esodo 27,20).
Con l’olio conservato nel santuario sono unti Sacerdoti, Profeti e Re, per significare che queste persone sono consacrate a Dio e messe “da parte” per un incarico particolare (1 Samuele 16,12-13)

È stato calcolato che ogni cittadino adulto che frequentava il ginnasio consumava fino a 55 litri di olio all’anno:

  • Per l’igiene corporea: 30 litri
  • Per l’alimentazione: 20 litri
  • come lubrificante o per l’illuminazione: 3 litri
  • per usi rituali: 2 litri
  • come medicamento: 0,5litri

Nella civiltà greca, l’olio divenne un prodotto così celebrato che ben presto nacquero leggende sulle origini divine.
Ma le vedremo meglio in un altro articolo.

storia olivo etruschi tra musica e olivi
Etruschi tra musica e olivi.

La storia dell’olivo e dell’olio durante l’Impero Romano

I Greci colonizzatori propagarono le coltivazioni di ulivo in tutte le terre della Magna Grecia.

Proprio loro quindi lo portarono in Italia verso la metà del primo millennio a.C.

Nella nostra penisola pare siano stati gli etruschi a diffondere l’ulivo, fino al Lazio e in alcune aree dell’Italia Settentrionale, ma furono i Romani che ebbero il merito di propagarlo poi in ogni territorio conquistato e ne fecero diventare uno dei pilastri dell’economia romana.

Il contributo dei Romani alla storia dell’olivo è decisivo

Sempre i romani ampliarono gli studi sulla coltivazione dell’ulivo, furono i primi ad esercitare le pratiche di potatura e di concimazione più efficaci. A costruire strumenti per la spremitura delle olive e a perfezionare le tecniche di conservazione dell’olio. Essi consideravano di buon auspicio per i raccolti dei campi, la vista degli ulivi in fiore, ed usavano adornare con corone di ulivo i cittadini che si erano distinti nel dare prestigio e gloria alla patria.

I romani dell’epoca avevano inoltre iniziato a classificare dieci varietà di olivo e cinque diverse categorie di olio di oliva:

  •  Oleum ex albis ulivis – il più pregiato, ottenuto da olive verde chiaro.
  •  Viridae – ottenuto da olive che iniziano ad annerire.
  •  Maturum – ottenuto da olive mature.
  •  Caducum – ottenuto da olive cadute a terra.
  •  Cibarium – ottenuto da olive bacate e destinato agli schiavi.

Con l’affermarsi dell’Impero Romano l’olio assunse una funzione strategica nel campo dei commerci e delle attività di scambio tra diversi popoli.


Riuscite ad immaginare il gran via vai nei porti principali dell’Impero?
Navi cariche di anfore di olio e carovane di animali da carico che trasportavano olio partivano dalle regioni olearie per raggiungere il nord Europa.

Purtroppo qualche nave ogni tanto affondava nel Mediterraneo. Ma fortunatamente per noi, oggi , quei ritrovamenti ci raccontano molto sulla storia dell’olivo e dell’olio.

Anfore, dolie ( grosse giare) e relitti ritrovati nel Mediterraneo ( Ventotene, Capri, Diano Marina per citarne solo alcune )

L’ulivo e l’olio nel Medioevo

Con il crollo dell’Impero Romano, e in seguito alle invasioni barbariche la pratica culturale dell’ulivo quasi scomparve. I barbari introdussero abitudini diverse: animali grassi da cui ricavare lardo e burro, prendevano il posto dell’olio d’oliva a tavola, e per giunta pretendevano di pascolare le loro greggi ovunque e gli uliveti rischiarono di essere distrutti.

La storia dell’olivo incontra la sua prima battuta d’arresto.
Ma non finisce qui.
Questa coltura riuscì a sopravvivere prevalentemente nei monasteri e nelle abbazie perché i frati ne utilizzavano l’olio, come alimento e nelle loro liturgie, fortunatamente.
In questo punto della storia, e per diversi secoli a venire, l’olio di oliva divenne raro e prezioso.
A partire dal V secolo furono gli ordini religiosi a possedere la maggior parte degli ulivi.
 L’olio, infatti si trovava solo nelle mense dei ricchi, ma soprattutto dagli ecclesiastici.

L’importante contributo dei monaci all’olivicoltura

Grazie ai benedettini, ai cistercensi e ai basiliani, verso la fine del medioevo la coltivazione e dunque la storia dell’olivo ebbe un nuovo impulso. Il Mediterraneo tornò a coprirsi di uliveti e il commercio oleario raggiunse nuovamente l’importanza dei traffici antichi.
I monaci si adoperarono per primi ad impiantare grandi estensioni di ulivi. Soprattutto nel Sud Italia.
 Spinti da motivazioni liturgiche, dovettero tenere viva la tradizione olivicola, seguendo la regola ‘ora et labora’.

Furono proprio questi ordini religiosi prima, e i feudatari poi, a ricreare in Puglia, e poi in tutto il meridione d’Italia, grandi uliveti. Dati in gestione ai contadini, con contratti di concessione “ad laborandum”.

Ma cosa significa esattamente?

Ve lo spiego subito in poche parole.

Vuol dire che il contadino o i gruppi di contadini ricevono in gestione un terreno già alberato. Essi lo lavorano dando al proprietario la metà del raccolto, o solo un quarto, fornendo però giornate lavorative anche in altri terreni.

Ma non è tutto.
 Dal XII secolo la situazione però cambia: i contadini riescono ad ottenere contratti senza scadenza, “ad infinitum”, per le coltivazioni loro affidate.
Il proprietario riceve perciò un affitto in denaro o una quantità fissa di olio.
In questo modo, la continuità giova alla coltura, in quanto i contadini, considerando un po’ loro le terre, e di conseguenza applicano delle migliorie. Il proprietario d’altra parte, trova proficuo e più sicuro l’investimento di piantare nuovi oliveti per accrescere le sue rendite.

Il valore dell’olio dal Rinascimento al XX secolo

Nell’età Rinascimentale si ha piena consapevolezza del valore di un ulivo, e il mercato dell’olio diventa sempre più florido.

Nel libro ufficiale della città di Gallipoli è inserito un diploma del 1327 del Re Roberto d’Angiò che concede alla città l’esenzione di tutti i tributi per la macina delle olive.

 Nell’Archivio di Stato di Lecce sono conservate delle autorizzazioni reali del 1371. L’autorizzazione era per l’attracco nei porti di Gallipoli e di Brindisi di navi ragusane per il carico di olio di oliva. Conservato in otri di pelle di capra contro lo scarico di spezie e di tele di lino.
La Puglia si trasforma quasi in un grande oliveto, per soddisfare la richiesta dei mercati europei.

Nel ’400, ad opera dei frati Cistercensi e Olivetani, le ampie zone boscose di Capo Leuca che si addentrano tra rocce brulle sono messe a coltura e per ottenere l’oro verde, sono risparmiati solo gli olivastri cresciuti spontaneamente ed innestati ad olivi.

L’olio pugliese era molto richiesto dai mercati italiani ed esteri

I porti di Brindisi, Taranto, Gallipoli, Otranto lavorano a pieno regime, con navi cariche di olio di Puglia, destinate ai mercati di Venezia, in Toscana,  a Genova, fino a raggiungere anche i mercati esteri inglesi, tedeschi e russi.

E non mi fermo qui.
Nei registri del notaro Cesare Pandolfo di Brindisi, ad esempio, sono elencati gli atti di versamento del dazio riscosso da due agenti veneziani; ebbene in soli dieci mesi del 1578 i due compatrioti acquistarono 211.263 stare di olio d’oliva provenienti dalle terre di Maglie, Salve, Morciano e Leuca pagando 21.126 ducati di dazio.

Nel ‘600, sotto la dominazione spagnola, il mercato dell’olio ebbe una nuova battuta d’arresto.
Le tasse sulla produzione dell’olio aumentarono, e s’imposero contratti a termine della durata di 2 o 3 anni, quindi non più convenienti per il coltivatore.
Bisogna attendere il 1700 per vedere una ripresa, quando finalmente si sviluppò il libero mercato e si esentarono le tasse sugli uliveti.

Nel 1830, Papa Pio VII garantiva un premio in denaro per ogni ulivo piantato e curato per 18 mesi.

Nel 1844, il re Umberto emanò il decreto con il quale vietò l’abbattimento degli ulivi su tutto il suolo italiano. Questa legge è ancora oggi in vigore su gran parte del territorio italiano. Da allora il commercio specialmente italiano si diffuse nel nord Europa.

Curiosità

Nell’800, tutto l’olio prodotto nel Salento, ma anche nella terra di Bari, era portato a Gallipoli e depositato in cisterne di tufo, lastricate di mattoni cotti. Il commercio dell’olio a Gallipoli era così importante che fu la seconda città dopo Napoli, ad avere il “Consolato di mare”. E sempre qui ebbero Sede sino all’ 800 i vice consolati di tutte le nazioni europee, dalla Francia alla Spagna, al regno di Svezia e Norvegia, dall’impero ottomano alla Russia degli zar.

Degno di nota è anche il fatto che oggi noi possiamo avere accesso a delle testimonianze dirette della portata del commercio di olio tra il ‘600, il ‘700 e l’800 nel Salento.
In tutto il territorio abbiamo numerosi frantoi ipogei, esistenti da diversi secoli, che si possono visitare.
Per fare un esempio, solo nella città di Gallipoli se ne contano più di 30, secondo il catasto. E altri potrebbero ancora non essere rinvenuti.

Nonostante non disponesse di un porto sicuro, i traffici andarono crescendo anche perché l’olio proveniente da Gallipoli era considerato tra i migliori in Europa non per uso alimentare ma perché chiaro e grasso, ideale per le lampade ad olio, quindi lampante.

Era perciò richiesto per l’illuminazione e per le fabbriche di saponi, per i lanifici ecc…

L’olio di Gallipoli e il sapone di Marsiglia

Nella stessa Gallipoli sorsero le industrie di sapone; ancora oggi è possibile rintracciare tra il dedalo di viuzze della città vecchia, via Saponera: la strada su cui si snodavano suddette industrie.
Il sapone prodotto era destinato a Marsiglia, lì si marchiava e poi era rispedito in Italia e in altri paesi con la denominazione “sapone di Marsiglia”.

Un riconoscimento dell’olio di Gallipoli, è menzionato nel Dictionary of Merchandize del 1805

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 storia olivo the Dictionary of Merchandize gallipoli 1
storia olivo the Dictionary of Merchandize gallipoli 2
 storia olivo the Dictionary of Merchandize gallipoli 3

Resta con me qui, perché siamo arrivati quasi alla fine del nostro viaggio.

La storia dell’olivo passa anche dalla rivoluzione industriale del diciannovesimo secolo, dal Risorgimento, dalle vicende storiche e politiche del ‘900 cioè unificazione nazionale e guerre Mondiali. Tutti questi eventi hanno causato alti e bassi a l’olivicoltura in Italia.
Tuttavia, le classi dei contadini hanno saputo mantenerla viva e custodirla gelosamente.
In secondo luogo, fu ufficialmente sostenuta dal potere. Infatti, tutti i regimi appoggiarono la volontà di salvaguardare l’olivo.
 Dopo tutto l’Italia è diventata il più pregiato produttore del mondo.

L’olio di oliva oggi

Oggi l’olio d’oliva è un prodotto carico di misticismo. È un componente fondamentale nell’alimentazione dell’uomo.
La cultura dell’olio sì sta proponendo come qualità della vita:
 6000 anni di saggezza, di esperienza più le scoperte della scienza contemporanea, suggeriscono che per vivere meglio e in buona salute occorre mangiare verdura frutta e carni bianche condite con olio d’oliva.

Tutto il Salento è coperto da oliveti, molti dei quali plurisecolari, dai quali viene ricavato un olio di straordinaria fragranza.

Chiunque passi dal Salento, ha l’obbligo morale di gustare tutte le pietanze condite con olio extravergine di oliva locale, e magari ordinare online una piccola scorta per non dimenticare il profumo.

Leggi anche il post su come scegliere l’olio EVO migliore, con i suggerimenti dell’esperto

Adesso anche tu puoi far parte della Storia.

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